L’accessibilità va oltre la disabilità

Immaginare l’Accessibilità come un campo esclusivamente incentrato sulle problematiche del singolo utente è riduttivo, oggi come mai prima, questa concezione risulta superata e inattuale. Se sino a qualche anno fa il concetto di Accessibilità risultava fondamentalmente collegato ad attività di rimozione architettonica delle barriere d’accesso a luoghi, oggi è necessario un ripensamento che rifletta in modo maturo i nuovi paradigmi dell’Universal Design, dei cambiamenti culturali e comunicativi intervenuti nell’ultimo decennio. L’età media della popolazione italiana è in costante aumento, nel 2015 questo valore secondo l’Istat è di 44,6 anni, nel 2001 era di 41,4 anni. I dati statistici indicano nel 2004 in 2 milioni e 600 mila i disabili nel nostro paese (pari cioè al 4,8% della popolazione), questo valore aumenta in modo deciso a partire dai 65 anni di età.
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Avere una disabilità motoria o senso-percettiva è dunque non solo un elemento congenito, ma s’intensifica con il sopravanzare dell’età (che porta con sé naturalmente una serie di regressioni fisico-cognitive) e comporta una oggettiva difficoltà a relazionarsi con gli ambienti nel loro complesso. A tal fine è opportuno porsi la domanda: “se un ambiente è inaccessibile a persone in qualche modo obbligate a confrontarsi quotidianamente con le difficoltà, che hanno imparato a mettere in pratica accorgimenti ed escamotage, cosa succede per quella sempre più ampia fetta di persone che con il tempo e le vicissitudini della vita diventano disabili?”
La disabilità dunque non è soltanto un fatto individuale e statico, si tratta invece di una criticità relativa alla popolazione nel suo complesso e s’inserisce appieno nella definizione di benessere dell’individuo e della collettività.
La progettazione inclusiva resta uno dei capisaldi in ambito di rimozione delle barriere, ma il mancato accesso ai luoghi assume oggi un significato più ampio poiché gli spazi a cui è negato l’accesso, così come le barriere da superare, sono anche comunicativi, virtuali, psicologici e relazionali, esperienze di crescita negate in ambe le direzioni.
Il “nuovo paradigma” dell’Accessibilità deve, partendo dalle più comuni sfide di negato accesso ai luoghi, proporsi in una forma più matura, tesa ad allargare il proprio orizzonte evolvendo il concetto di barriera. E’ dunque necessario aumentare le occasioni di confronto che portano, oltre alla sensibilizzazione e la conoscenza reciproca, anche alla concreta elaborazione di best practices orientate allo sviluppo di tecnologie assistive e della cultura inclusiva, puntando a meglio definire cosa significa, nel terzo millennio, parlare di spazi non-accessibili e riprogettazione urbana. Sarà dunque indispensabile rendere centrale l’Esperienza accessibile, da concepirsi sia come rimozione degli ostacoli individuali, sia come crescita di qualità della salute personale, sia come frontiera del benessere collettivo e del welfare.
ASP Infinity Access
Tommaso Ambrosecchia, C-FARA
Fonti e riferimenti bibliografici
Barriere percettive e progettazione inclusiva – Arch. Lucia Baracco
Corso di Accessibilità fruibilità e sicurezza degli spazi – Prof. Francesco Bagnato (Università Mediterranea di Reggio Calabria)
La disabilità in Italia – A cura di Alessandro Solipaca (ISTAT)
Indicatori demografici Istat – Anno 2015
(Photo by Frank Bienwald/LightRocket via Getty Images)
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